Nella Babele della rete l’inglese non basta più

Chi dà per scontato che l’inglese sia la lingua franca del web commette un errore: la maggior parte degli utenti di Internet utilizza la propria lingua madre.

Una rete, tante lingue

Il 51% delle pagine web on line è scritto in inglese. «Che c’è di strano?», vi domanderete voi: be’, fino a due anni fa lo era il 55% e il prossimo anno lo sarà, forse, il 49%. Oggi la rete si sta tingendo di tanti colori diversi dal blu, il rosso e il bianco di Union Jack e Stars and Stripes e sta diventando una Torre di Babele virtuale, simbolo di un universo multilingue e multipolare. Ogni anno, l’inglese arretra di qualche metro lasciando sempre più campo ad altre lingue. Lo dicono i dati. Le lingue dell’Est Europa (il russo su tutte), dei paesi asiatici e di quelli africani si stanno diffondendo nella rete con la velocità di un’epidemia virale. In effetti basta dare un’occhiata al panorama linguistico globale degli utenti di Internet per capire che il destino dell’inglese è quello di diventare una delle lingue della rete e non La Lingua della rete: a fronte di circa 870 milioni di utenti anglofoni, abbiamo 700 milioni di utenti che parlano cinese (il cinese mandarino è in effetti la lingua più parlata nel mondo), circa 260 milioni di ispanofoni, 170 milioni di arabi, 130 milioni di lusofoni, circa 115 e 100 milioni di parlanti rispettivamente giapponese e russo, e a seguire le altre lingue. Il mondo virtuale della rete, insomma, assomiglia sempre più al mondo reale.

Un ponte che scricchiola

Ancora oggi la maggior parte dei nostri clienti, in un primo momento, pensa che tradurre il proprio sito (corporate, vetrina, portale… poco importa) in inglese sia sufficiente. L’inglese, d’altronde, è la lingua-ponte utilizzata per comunicare comunemente ovunque nel mondo e non si vede tutta questa necessità di tradurre in altre lingue i propri contenuti. Si tratta di un’errata percezione che porta a maturare una convinzione costruita su una falsa certezza. Per esempio, in Giappone e Cina — per parlare dei due paesi asiatici più importanti — la conoscenza dell’inglese non è poi così diffusa, e persino in Europa, a eccezione dei paesi scandinavi e dell’Olanda, la percentuale della popolazione in grado di sostenere una conversazione in inglese è piuttosto bassa, soprattutto nell’Est e nel bacino del Mediterraneo (in Italia soltanto un terzo della popolazione).

Di lingua madre ce n’è una

Gli analitics dei motori di ricerca più utilizzati disegnano un quadro ben definito e inequivocabile: la maggior parte degli utenti di Internet utilizza la propria lingua madre per effettuare ricerche on line. E questo è stato prontamente recepito dai nostri clienti più abituati ad approcciare i mercati esteri. Facciamo un esempio pratico. Contextus traduce un grande volume di contenuti di Costa Crociere, uno dei principali armatori di navi da crociera al mondo. Partendo da una sorgente per lo più in italiano, i nostri traduttori traducono il materiale informativo e promozionale di Costa in ben sette lingue: inglese, spagnolo, tedesco, portoghese brasiliano, francese, russo e olandese. Prendiamo il caso specifico del mercato olandese. L’Olanda è uno dei paesi in cui si riscontra una più diffusa conoscenza della lingua inglese con l’80-90% dei cittadini dei Paesi bassi che la parla correntemente. Allora perché Costa richiede la traduzione dei suoi testi in olandese quando, su quel mercato, potrebbe benissimo divulgare contenuti in inglese? Proprio perché trattandosi di contenuti spesso dall’alto valore emotivo, l’efficacia della trasposizione nella lingua madre dell’audience cui ci si rivolge è incomparabilmente superiore. Chi ha misurato questo effetto madrelingua” ci dice che vendere merci o servizi on line nella madrelingua dei propri mercati di riferimento è fino a quattro volte più efficace rispetto all’utilizzo della sola lingua inglese (anche quando ci si rivolge a un pubblico che mediamente conosce bene l’inglese).

Un universo di particolarità

Il futuro dei siti multilingue sta tutto qui, nel “parla come mangi”. Il T-index 2017 (l’indice che mette in ordine le potenzialità dei mercati e-commerce nel mondo) ci dice chiaro e tondo che il destino commerciale di chi vende on line prodotti e servizi a livello globale è legato alla capacità di localizzare i contenuti web con precisione su ogni singolo mercato. Quello che consigliamo sempre è di pensare bene a chi ci si sta rivolgendo di volta in volta, perché l’idea di un mondo globalizzato, amorfo e omogeneizzato è soltanto un’illusione. In realtà ci si sta muovendo verso un universo di particolarità di cui qualsiasi servizio di customer care dovrà tenere conto. Se la vostra ambizione è quella di allargare sempre di più la base dei vostri utenti on line, allora è necessario che teniate bene a mente un concetto: l’inglese non basta più.