L’evoluzione della specie
Il futuro della traduzione, tra traduzione automatica e localizzazione
Guardando nella sfera di cristallo
Che ne sarà dalla traduzione, dei traduttori e delle agenzie di traduzione? Difficile dirlo. Il nostro è un mondo incerto, fatto di continui mutamenti, un mondo che sta diventando sempre più “tecnologico” e sempre più industriale. Esistono agenzie specializzate nella localizzazione che fatturano decine di milioni di euro e sono vere e proprie multinazionali. In un mondo in cui le idee e i contenuti viaggiano alla velocità dei pacchetti d’informazione che circolano sulla rete, potete ben immaginare come saltare da una lingua all’altra sia un’abilità sempre più richiesta da aziende e privati, così come dagli editori (siano essi digitali, televisivi o tradizionali). In ipotesi, quindi, dato il panorama, il futuro dovrebbe essere roseo… Dovrebbe…
Il mondo dei robot
Quando Google investe, lo fa alla grande. E, negli ultimi anni, il colosso del web ha messo gli occhi sulla traduzione. Chi non ha mai aperto, almeno per curiosità, Google Translate? All’inizio, magari, persino per sorridere delle buffe traduzioni che la “macchina” produceva in un batter d’occhio…
Ma i tempi sono cambiati. Google Translate migliora. Non fa che migliorare. Si è passati da una traduzione “statistica” che si basava su un algoritmo concepito per trovare il significato più probabile di ogni singola parola, alla traduzione basata su “reti neurali”. E qui il gioco si fa duro.
Oggi Google Translate (su almeno una decina di lingue tra le più parlate) utilizza la traduzione automatica basata reti neurali: senza entrare in dettagli tecnologici, basti sapere che adesso Translate traduce ogni singola frase analizzandola nella sua interezza e contestualizzandola nel periodo. Ovviamente la traduzione risulta più precisa e sfrutta il “machine learning” per migliorare sempre più. Ma al momento non è ancora affidabile. Capiremo perché in seguito.
I CAT Tool
Attualmente, specialmente nel campo della traduzione tecnica, vengono utilizzati programmi ad hoc, studiati appositamente per aiutare il lavoro dei traduttori, noti come Computer-Aided Translation (CAT) Tool. Si tratta di software che assistono il traduttore velocizzandone il lavoro grazie a glossari e memorie di traduzione, a strumenti di formattazione, di allineamento del testo, di supporto nella gestione uniforme della terminologia, nell’analisi del testo sorgente. Nel campo della localizzazione, specialmente in quella tecnica, i CAT Tool sono il pane quotidiano del traduttore che deve avere, perciò, un certo feeling con macchine e software.
Il mestiere sta diventando obsoleto? No, sta solo cambiando!
È vero che Google e altre grandi compagnie stanno investendo molto in questa direzione, ma è altrettanto vero che, per ora, e per ancora molto tempo, la traduzione automatica potrà essere utile in un campo ristretto di situazioni. Può servire, senza dubbio, per cogliere in breve il senso di un testo scritto in una lingua per noi rara, per interpretare il tono di un documento, ma non per la traduzione di quello stesso testo. Alcune agenzie, più o meno dichiaratamente, si “appoggiano” ad applicazioni on line e off line per la traduzione automatica dei testi, salvo poi editarne “manualmente” le traduzioni, essendo ben consapevoli della loro imprecisione e scarsa accuratezza. Questa è una pratica che non mi trova d’accordo. La reputo rischiosa, oltre che poco professionale,e non permette al traduttore di avere un vero controllo sul lavoro che sta svolgendo e fa impennare le probabilità di pericolose mistranslation.
Discorso diverso è quello che riguarda i CAT Tool, anche se si tratta di strumenti che non possiamo considerare una novità nel campo delle traduzioni, visto che vengono impiegati e implementati con successo da anni. I CAT Tool sono utili e affidabili e, come abbiamo detto, assistono il traduttore. Le memorie di traduzione garantiscono una rigorosa uniformità lessicale e formale, anche quando si traducono aggiornamenti di documenti dopo anni dalla loro prima traduzione. In questo caso il software riconosce certe frasi e periodi precedentemente tradotti e permette di scegliere, quindi, se conservarli o meno in quella forma. Non solo, i CAT rendono la lavorazione del testo più efficiente ed eliminano fastidiosi (e rischiosi) passaggi di conversione. Consentono, per esempio, di lavorare direttamente in formati proprietari pronti per la pubblicazione. Inoltre, nel campo della gestione a livello di agenzia dei testi tradotti i CAT Tool permettono un’analisi preventiva del testo sorgente in termini di conteggio parole (no match, ripetizioni, fuzzy match, 100% match) migliorando il flusso di lavoro tra cliente, account manager, project manager, traduttore e revisore.
Il fattore umano
Se la traduzione automatica è ancora fallace e il CAT tool si “limita” a semplificarci la vita senza prendere il posto del traduttore, nessuna macchina, per ora, e ancora per moltissimo tempo, credo, sarà in grado di operare senza un intervento umano che ne ottimizzi l’operato. Chi prevede una rapida sostituzione dei traduttori con intelligenze digitali a mio avviso pecca di ottimismo. Forse nel campo della traduzione tecnica, in cui i margini interpretativi sono ridotti, è possibile che le macchine possano diventare quasi preponderanti e che il loro operato richiederà in breve tempo soltanto un’attenta supervisione umana. Ma nel campo della traduzione autoriale, quella del prodotto concettuale, letterario o divulgativo, per non parlare della transcreation, sempre più alla ribalta nel mondo globalizzato del marketing, la sensibilità umana è fondamentale. Il significato profondo di un testo, se non quello sempre mutevole e cangiante delle parole stesse, non può essere colto da un’applicazione per quanto malleabile e pronta alla risposta. Soltanto per chi non coglie la dimensione autoriale di questo lavoro. Il traduttore “ricrea” un testo e lo adatta all’ambiente culturale cui è destinato perché lui stesso (il traduttore) ne fa parte e ne conosce ogni dettaglio respirandone l’aria
È un fatto di sensibilità
Le macchine hanno sempre più un cervello ma non ancora un cuore, potremmo dire. Così come la traduzione non è un mero trasporto di termini da una lingua all’altra, i nostri traduttori danno un tocco all’opera che stanno traducendo. Ne interpretano il contesto culturale (nel caso della traduzione letteraria), ne conoscono l’autore, leggono tra le righe, in quegli spazi bianchi ricchi di significato in cui la macchina non coglie nulla di interessante e, soprattutto, interpretano le sfumature di significato. Attualmente l’IA non è in grado di fare nulla di tutto ciò. E forse non sarà mai veramente in grado di farlo. Per avere prova di quanto sia immotivato questo dilagante entusiasmo pro-macchine basta introdurre un qualsiasi brano di un grande classico o di un qualsiasi libro di narrativa in un traduttore automatico. Forse una traduzione “neurale” vi restituirà qualcosa di leggibile e comprensibile, ma non preciso e nemmeno elegante. Non solo, tanto più il periodo si allunga tanto più la macchina fatica a leggere la punteggiatura e quindi può riportare clamorosi errori di senso. Allo stato attuale delle cose, la traduzione automatica può dare una mano all’utente nell’interpretazione di testi in lingua ma non può in alcun modo aiutare noi che lavoriamo in questo campo e che sfruttiamo i CAT Tool come strumento di lavoro non come partner senziente.
Diciamo che il mondo della traduzione non rimarrà lo stesso nei prossimi anni, anzi, diciamo che evolverà molto alla svelta e con esso evolveranno le agenzie come Contextus, che raccolgono in sé complessi bagagli di competenze in grado di renderle malleabili e duttili, pronte al cambiamento. La difficoltà maggiore verrà vissuta, forse, dal singolo operatore, dal libero professionista abbandonato a se stesso di fronte al mercato e alle sue imprevedibili derive tecnologiche difficili da immaginare e difficili da prevenire. Tuttavia di una cosa sono certo: l’uomo davanti al monitor è ancora imprescindibile, e forse lo sarà per sempre.